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Giocano nelle costruzioni di questa poesia il desiderio dell'attimo, il gusto dell'ossimoro, la concentrazione su un'esplosione, la ricerca dell'inatteso. Ogni composizione micro-poematica sembra, perciò, obbedire a un triplice gesto: la ricerca di una parola pregiata, il suo inserimento in un contesto inatteso, il suo radicarsi in un'emozione improvvisa, spesso un dolore. Sembra, in questo modo, che l'autrice voglia confessare a se stessa e al lettore la nascosta funzione auto-terapeutica della poesia. Si tratta di una terapia molto fine, ad alta definizione formale, che cerca la salvezza dal dolore nell'idea di una parola che se ne fa portavoce e sigillo.